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CASTIGNANO – Ricorre oggi, 19 dicembre, il primo anniversario del femminicidio di Emanuela Massicci, la giovane mamma di Castignano uccisa di botte un anno fa dal marito Massimo Malavolta nella loro casa a Ripaberarda. Una ferita ancora aperta per l’intera comunità, che questo pomeriggio alle 15 si fermerà per ricordarla con l’inaugurazione di una panchina rossa, simbolo di memoria e impegno contro la violenza sulle donne.

Non una semplice panchina, ma un’opera dal forte impatto simbolico intitolata “Esistenza Mutilata”, progetto vincitore del concorso di idee promosso dal Comune di Castignano insieme alla Scuola di Architettura e Design dell’Università di Camerino. L’opera, ideata dallo studente Umberto Stefani, è stata scelta per la sua capacità di trasformare il ricordo in un monito permanente, affidando alla comunità il compito di non dimenticare.

La panchina in acciaio, di colore rosso, è attraversata da un vuoto di 40 centimetri: uno squarcio fisico che rappresenta l’assenza lasciata dalla vittima. Sotto quello spazio mancante, impressa a terra, l’impronta di un paio di scarpe femminili rende tangibile ciò che non c’è più. Dal vuoto, però, nasce anche la vita: fiori e piante crescono proprio da quella ferita, sorrette da fili rossi che simboleggiano una memoria fragile ma resistente, capace di continuare solo se curata. Il nome dell’opera è anche un acronimo che racchiude quello di Emanuela Massicci, rendendo la sua storia impossibile da separare dal significato dell’installazione.

La cerimonia di inaugurazione sarà accompagnata da una messa in ricordo di Emanuela. Sempre oggi, al ristorante Santa Lucia di Appignano, è in programma una cena di solidarietà per raccogliere fondi da destinare ai due figli della donna.

Emanuela Massicci venne uccisa il 19 dicembre 2024 a Ripaberarda, vittima di un femminicidio che scosse profondamente il territorio. A un anno di distanza, Castignano sceglie di ricordarla non solo con il dolore, ma con un segno visibile, permanente, che invita a fermarsi, guardare e riflettere. Perché nessuna assenza diventi silenzio.



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