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Una chiesa piena, silenziosa, spezzata dal dolore e dal pianto di chi non riesce ancora a credere che Luca non ci sia più. A Villa Pigna di Folignano, nella chiesa di San Luca Evangelista, si sono celebrati questa mattina i funerali di Luca Bernabei, il giovane strappato troppo presto all’affetto della sua famiglia e dei suoi amici.

A celebrare le esequie don Francesco Fulvi, concelebrante con don Giampiero Cinelli, che ha voluto rivolgere parole di luce in una giornata segnata da un cielo grigio e immobile. «Una vita giovane, piena di sogni e di desideri, strappata via troppo presto», ha detto il parroco durante l’omelia, con la voce che a tratti si incrinava. «Agli occhi del mondo Luca ha concluso in pochi giorni la sua vita, ma agli occhi di Dio la sua vita è stata piena di presenza e di amore. La malattia che ha dovuto affrontare è stata una prova dura e ingiusta, ma lui ha mostrato forza, dignità, una pazienza che solo i grandi sanno avere».

Luca, ha ricordato il sacerdote, non ha mai voluto pesare ai suoi cari. Anche quando il dolore era forte, anche quando le cure sembravano non bastare, ha preferito sorridere e incoraggiare chi gli stava accanto. «Ha affrontato tutto con coraggio – ha continuato don Francesco – come un atleta che non smette di correre, anche quando le gambe fanno male. Ha amato il calcio, non solo come sport ma come segno di amicizia, di lealtà, di gioco pulito».

La chiesa, avvolta da un silenzio carico di commozione, era addobbata con palloncini bianchi, leggeri come palloni, che oscillavano al passaggio del feretro. Simboli di purezza e di libertà, di un ragazzo che amava la vita e il calcio e che ora, come quei palloncini, sembra essersi alzato verso l’alto, libero e sereno.

Sulla bara di legno chiaro, un piccolo altare di ricordi: la maglia del Monticelli, la squadra del cuore, un pallone e la sciarpa bianconera dell’Ascoli, simboli di una passione che lo ha accompagnato fin da bambino. Accanto, la foto di Luca con quel sorriso che sembrava non finire mai, lo stesso sorriso che ha lasciato nel cuore di tutti.

«Mi piace pensare – ha aggiunto don Francesco – che si stia presentando davanti a Dio con le scarpe da calcio in mano, dicendo: “Eccomi, ho giocato con tutto me stesso”. E che Dio gli risponda: “Vieni, Luca, hai giocato una partita bellissima. Hai amato, hai lottato. Ora continua a giocare nei campi del Paradiso, dove c’è gioia e luce senza fine, dove si corre liberi nei campi del cielo”».

Il silenzio è calato sulla chiesa quando il papà Ermanno, la mamma Natascia e la sorellina Giorgia si sono stretti intorno al feretro, in un abbraccio che non conosce tempo. Gli amici, molti in lacrime, hanno lasciato un lungo applauso, un gesto di amore e di saluto, come si fa negli stadi quando il campione esce dal campo.

Fuori dalla chiesa, il sole è riuscito a farsi spazio tra le nuvole, quasi a voler accompagnare Luca nel suo viaggio. Un ragazzo che amava la vita, che sognava il calcio e che, come ha detto uno dei suoi compagni, «aveva imparato a non mollare mai, nemmeno quando la partita sembrava perduta».

Ora Luca gioca altrove, nei campi del cielo, dove non c’è più fatica né dolore, ma solo luce. E forse, da lassù, continuerà a correre con le sue scarpette ai piedi, sorridendo come sempre, mentre guarda chi lo ama e lo aspetta, con la certezza che l’amore – quello vero – non muore mai.

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