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Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, anche le Marche sarebbero diventate negli ultimi due anni meta di “periodi di decompressione” per i militari dell’Idf, le forze armate israeliane. Si tratta di soggiorni lontano dalle zone di guerra, organizzati per consentire ai soldati di recuperare equilibrio psicologico e smaltire lo stress accumulato dopo mesi di combattimenti.
Il giornale racconta alcune testimonianze raccolte lungo la costa marchigiana, in particolare a Porto San Giorgio, dove giovani cittadini hanno incrociato gruppi di militari israeliani. In un passaggio riportato dal quotidiano, una ragazza di 22 anni, Valentina, ricorda l’incontro con uno di loro: «Non era un ragazzo come gli altri, spensierato come noi che prendevamo il sole sotto gli ombrelloni. L’ho capito quando gli ho chiesto di fare una foto e lui si è messo una mano davanti alla faccia urlando quasi “no, niente foto”».
Il Fatto sottolinea che nel 2024 e nel 2025 diversi gruppi di soldati dell’Idf sarebbero arrivati nelle Marche, ospitati a dieci, venti o più unità, all’interno di missioni coordinate attraverso canali diplomatici o organizzazioni di militari. Tutti i movimenti – si legge – sarebbero stati sorvegliati dalla Digos, per ragioni di sicurezza.
Queste presenze, osserva il quotidiano, non sono un fenomeno isolato ma rientrano in pratiche già sperimentate da altri eserciti, che scelgono località tranquille e lontane dai fronti di guerra per permettere ai militari di ricaricarsi prima di un nuovo impiego operativo.
L’inchiesta, firmata da Stefania Maurizi e Ferruccio Sansa, apre così una finestra inedita su come le Marche siano diventate scenario di queste particolari “vacanze militari”, a metà strada tra relax forzato e recupero psicologico post-bellico.
La notizia ha acceso un forte dibattito nelle Marche. A intervenire con toni durissimi è stato Giorgio Fede, coordinatore regionale del Movimento 5 Stelle, che ha definito «scandaloso che le Marche siano diventate meta di villeggiatura di chi uccide migliaia di civili e bambini».
Fede ha puntato il dito contro la gestione del Governo e della Regione, chiedendo che le risorse del territorio vengano destinate ad accogliere famiglie e visitatori internazionali, non soldati provenienti dai fronti di guerra. «Pensavamo che il sostegno umanitario dovesse essere rivolto alle vittime, ai bambini, ai civili palestinesi che da mesi vivono sotto le bombe, non a chi quelle bombe le ha sganciate», ha dichiarato, citando anche i dati ONU sulle vittime del conflitto.