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San Benedetto del Tronto piange Valerio, morto a 16 anni: una chiesa gremita per l’ultimo saluto
L’Ancora
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Un silenzio composto, carico di dolore e domande senza risposte, ha accompagnato il funerale di Valerio Clementi, il ragazzo sambenedettese di 16 anni scomparso nei giorni scorsi dopo aver lottato con coraggio contro una malattia incurabile. La celebrazione si è tenuta nel pomeriggio di mercoledì 18 giugno nella chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove un’intera comunità, e soprattutto moltissimi coetanei, si è stretta attorno alla famiglia per un ultimo, commosso saluto.

Il dolore per la perdita di un giovane tanto amato ha attraversato i cuori di tutti. Una madre, in auto con la figlia mentre si recavano in chiesa, ha raccontato il momento in cui la bambina le ha chiesto con innocente disperazione: «Ma se abbiamo pregato tanto, perché Valerio è morto?». Una domanda che risuona nel cuore di chiunque abbia varcato la soglia dell’edificio sacro quel giorno.

A provare a dare un senso a tutto questo è stato padre Massimo Massimi, che ha presieduto la celebrazione concelebrata da don Matteo Calvaresi e don Lanfranco Iachetti. Il parroco ha parlato di una fede che non pretende spiegazioni, ma che cerca speranza anche quando la logica umana si arrende. «Non possiamo restare bloccati dalla rabbia», ha detto, «dobbiamo chiederci se, dopo una perdita così grande, siamo ancora capaci di guardare avanti con speranza».

Padre Massimo ha descritto Valerio come un ragazzo amato da tutti: figlio, fratello, amico, compagno di vita e di scuola, capace di lasciare un’impronta forte in chiunque lo abbia incontrato. Ai giovani presenti ha ricordato che ciò che dà davvero valore all’esistenza non è quanto a lungo viviamo, ma quanto riusciamo ad amare e a farci amare. «Questo – ha detto – è il patrimonio più grande che Valerio porta con sé».

Commovente il momento in cui gli amici hanno letto due lettere in suo ricordo, rievocando la sua vitalità, il suo sorriso contagioso e la sua determinazione a non arrendersi. Alcuni di loro si sono poi avvicinati al feretro per porre una rosa bianca, simbolo di affetto eterno e, nella tradizione cristiana, del Paradiso: un giardino – ha spiegato padre Massimo – dove crediamo che ora Valerio stia vivendo.

Al termine del rito, tra lacrime e applausi, il feretro è stato accompagnato all’uscita da una folla di ragazzi. Due striscioni sorretti dagli amici recitavano: «Valerio vive con noi. Ti vogliamo bene fin lassù». Poi, palloncini bianchi sono stati lasciati volare verso il cielo, come a voler continuare quel legame che la morte non può spezzare.

In chiesa, si è ricordato anche il gruppo di preghiera nato durante la malattia del ragazzo: un segno tangibile di come la sua testimonianza abbia generato un seme di fede e comunità che continuerà a vivere. Perché Valerio, in fondo, continua ad essere presente nella forza e nell’amore che ha saputo donare.

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