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ANCONA - Il più antico corpo mummificato di un santo, noto attualmente in Occidente, è quello di San Ciriaco, patrono di Ancona e dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo. La nuova ricognizione, iniziata nel novembre del 2023, grazie alle moderne strumentazioni tecnologiche, ha permesso di stabilire con certezza il periodo in cui il santo è vissuto e ha fornito importanti indicazioni per individuare la sua provenienza geografica, il profilo biologico, l’alimentazione negli ultimi 5-10 anni di vita, le malattie e le fratture.
Non solo. Grazie all’intelligenza artificiale, San Ciriaco ha anche un volto che è stato mostrato nella Cattedrale di San Ciriaco dal Prof. Andrea Giovagnoni che, insieme al Prof. Gino Fornaciari e al Prof. Antonio Fornaciari, ha presentato i risultati scientifici della ricognizione.
Alla presenza delle Autorità civili e militari, sono stati resi noti i risultati scientifici delle indagini e delle analisi, iniziate nel novembre del 2023, e le principali novità rispetto alla vecchia ricognizione scientifica del 1979. Il corpo appartiene a un individuo di sesso maschile parzialmente mummificato senza tracce apparenti di manipolazioni invasive, quindi non imbalsamato artificialmente, di età matura (50-60 anni). La statura, di circa 165-170 cm, rientra nella media delle popolazioni antiche.
L’osservazione macroscopica ha permesso di rilevare una buona conservazione della cute e dello scheletro. Il prof. Giovagnoni, ordinario di Radiologia dell’Università Politecnica delle Marche e direttore del Dipartimento di Scienze Radiologiche dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, ha sottolineato «l’incredibile stato di conservazione delle ossa. Sembra morto da pochi anni, non da 1700 anni».
Sono state condotte analisi isotopiche su alcuni campioni ossei per ottenere informazioni sulla data della morte (datazione al radiocarbonio), sulla dieta dell’individuo (isotopi stabili del carbonio e dell’azoto) e sulla sua provenienza geografica (analisi dello Sr87 in alcuni milligrammi di smalto dentario). Il Prof. Antonio Fornaciari, della Divisione di Paleopatologia del Dipartimento di Ricerca e Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Università di Pisa, ha spiegato che «la datazione al radiocarbonio ha fornito un range compreso tra il 261 e il 522 d.C., con ben un 88% di possibilità che la morte sia avvenuta tra l’anno 340 e l’anno 434 d.C., confermando la tradizione agiografica che pone la vita di San Ciriaco in età tardoantica. Questo dato rivela che il corpo di San Ciriaco è il più antico corpo mummificato di un santo, conosciuto attualmente in Occidente».
Per quanto riguarda la provenienza geografica del santo, il risultato dell’analisi isotopica dello smalto dentario mostra valori compatibili con l’area marchigiana ma anche con la Palestina, in particolare della Galilea. Altre analisi hanno permesso di stabilire l’alimentazione che il santo ebbe negli ultimi 5-10 anni di vita. Il Prof. Antonio Fornaciari ha spiegato che «la dieta era ricca di proteine.
Questo è un altro dato interessante: dimostra che è un individuo che aveva accesso a risorse alimentari di alto livello e apparteneva a una classe sociale elevata. Quindi verosimilmente era un vescovo, come ci ha tramandato l’agiografia».
L’indagine radiologica (RX – TAC), eseguita dall’equipe del Prof. Andrea Giovagnoni, ha evidenziato la presenza di fratture (femore destro, coste a sinistra) e di una lesione all’orecchio interno destro. È emerso che Ciriaco aveva una patologia dismetabolica (DISH – Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa), generalmente associata a diabete mellito, dislipidemia e iperuricemia. In effetti, come è stato riscontrato, aveva un’alimentazione ricca di proteine. Sono stati inoltre rilevati un dismorfismo del rachide sacrale e una dismetria degli arti inferiori.
«Abbiamo utilizzato la tecnologia più moderna che abbiamo a disposizione – ha spiegato il Prof. Giovagnoni – una Tac con due tubi, l’intelligenza artificiale e i sistemi di ricostruzione e visualizzazione delle immagini. Nella prima ricognizione sono state utilizzate 8 immagini, noi per questo studio abbiamo rivisto 12mila immagini.
Abbiamo utilizzato l’autopsia virtuale che è un’indagine a valenza medico-legale, che utilizza tecniche di imaging per esaminare un cadavere senza effettuare un’incisione dei tessuti». L’intelligenza artificiale ha anche dato un volto a San Ciriaco, che è apparso con la barba, con la mitria sul capo, appoggiato a un bastone che probabilmente utilizzava, considerato che aveva una frattura al femore. Inoltre l’intelligenza artificiale ha simulato la voce del santo, che ha parlato in greco e in italiano.
Sulla morte del santo, lo studio non ha ancora stabilito una causa precisa. Il Prof. Giovagnoni ha spiegato che «la vecchia ricognizione sospettava la presenza di una frattura orbitale pre-mortem, senza segni di riparazione, che dai nuovi esami non è stata rivelata. Il cranio non presenta fratture.
Sono state invece rivelate due lesioni: una all’orecchio interno Dx (trauma), l’altra nell’orecchio Sn (infiammatoria). La lesione dell’orecchio destro può essere dovuta a un colpo, a una caduta o alle percosse del martirio. Un altro elemento è la lussazione dell’articolazione costo-vertebrale Sx, verosimilmente dovuta a un trauma violento pre-mortem. È come se avesse ricevuto un grosso colpo con uno spostamento all’interno della vertebra». Rivelate anche la frattura del collo del femore Dx e alcune fratture costali Sx che sono consolidate e, quindi, antecedenti la morte.
Un altro passo in avanti è stato fatto anche relativamente a un altro elemento della tradizione agiografica, relativo al martirio per ingestione di piombo fuso. «L’ultima ricognizione del 1979 aveva dimostrato un alto contenuto di piombo a livello tracheale – ha spiegato il Prof. Fornaciari – ma le nuove analisi più efficaci hanno rivelato una presenza di piombo non elevata, in un range compatibile con quello che in genere si ritrova nelle ossa e negli scheletri che provengono da scavi archeologici. Ciriaco, quindi, non è morto per aver ingerito piombo fuso».
Al termine dell’incontro, Mons. Angelo Spina ha ringraziato i relatori, il Prof. Gino Fornaciari che ha parlato dei corpi mummificati dei santi e della loro importanza sia dal punto di vista religioso che scientifico, il presidente del Consiglio comunale di Ancona Simone Pizzi e il Vicario generale dell’Arcidiocesi don Luca Bottegoni che ha moderato l’incontro. «La via della fede e la via della scienza non si contrappongono – ha detto Mons. Angelo Spina – la fede e la ragione sono come due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. Una sola ala non permette di volare. La fede senza la ragione potrebbe cadere nella superstizione e la ragione senza la luce della fede resterebbe imprigionata in un arido razionalismo. I risultati, come ci sono stati presentati questa sera, ci aiutano ad avere più consapevolezza del grande dono che è stato fatto a questa città, di avere un santo che la protegge e veglia su tutti. Il corpo di un santo ci fa cogliere come la santità la puoi toccare con le mani, è a portata di mano ed è per tutti. Il volto più bello della Chiesa è la santità».
L’Arcivescovo ha ricordato anche che San Ciriaco «ci riporta alla Croce di Cristo in quanto, come testimoniano le fonti antiche, ha contribuito al ritrovamento della croce. Ad Ancona abbiamo il corpo di San Ciriaco, dono di Galla Palcidia, figlia di Teodosio, che ne fece dono alla città di Ancona, nel 418 d.C.. La storia del santo, come sappiamo, ci rimanda alle vicende vissute a Gerusalemme, all’anno 326-327 d. C., quando Elena, madre dell’imperatore Costantino era alla ricerca della vera Croce di Cristo.
Un certo Giuda, ebreo, sapeva dove era. Su invito pressante di Elena, Giuda svelò dove era nascosta la Croce, ci fu l’inventio Crucis. Giuda si convertì, si fece battezzare e prese il nome di Kuryakos, Ciriaco, che tradotto significa “del Signore”. Fu vescovo di Gerusalemme e non esitò ad affrontare il martirio per rendere testimonianza della sua fede nel 363, sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata».
L’Arcivescovo ha sottolineato che «dobbiamo imparare a prendere sulle spalle la croce. Purtroppo ne abbiamo una visione pesante e dolorifica, dobbiamo quindi sostituire la parola “croce” con la parola “amore“. Gesù ci dice: “Se qualcuno vuol venire con me, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace e mi segua”. L’amore ha un prezzo, dove metti il tuo cuore là troverai anche le tue spine, le tue ferite, ma l’esito finale è trovare vita, quella cosa che tutti gli uomini cercano: la fioritura della vita. Perdere per trovare: questa è la fisica dell’amore. Se dai ti arricchisci, se trattieni ti impoverisci. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato.
San Ciriaco è ricco perché ha donato tutta la vita a Dio e ci ha dato una testimonianza di come si ama. Andando incontro al martirio, subendo una morte violenta, ha portato nel suo cuore la convinzione: “Signore Gesù tu sulla croce mi hai amato da morire e io sono pronto a morire per Te, per dirti che ti amo”. È la testimonianza alta di un candido fiore, bagnato nel sangue del martirio, come quella di tanti martiri della storia e del nostro tempo».
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