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Un’imponente operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona ha portato questa mattina al sequestro di un vasto impianto abusivo di gestione rifiuti, esteso su circa 35mila metri quadrati. L’area, situata nella provincia di Ancona, sarebbe stata utilizzata per lo stoccaggio e il trattamento illecito di circa 60mila metri cubi di rifiuti di varia natura.

L’operazione, condotta dai militari del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Ancona con il supporto dei colleghi di Brescia, Bologna, Perugia, Bari, della Compagnia di Osimo, del Comando Provinciale e del personale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche, ha interessato anche le province di Rimini, Mantova, Modena, Ravenna e Foggia, dove sono in corso perquisizioni.

Sei le persone indagate a vario titolo, accusate di far parte di un’organizzazione dedita alla gestione illecita di rifiuti. I materiali trattati includevano sfalci e potature provenienti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, mescolati a plastiche, metalli, sabbia, detriti da demolizioni edili e scarti raccolti durante la pulizia del litorale marchigiano. La Procura ipotizza la realizzazione di una vera e propria discarica abusiva.

Le indagini, durate circa due anni, hanno permesso di far luce su un sistema ben collaudato che avrebbe attratto numerosi imprenditori del settore, offrendo loro la possibilità di conferire rifiuti a costi ridotti e senza le dovute verifiche ambientali. Il materiale vegetale veniva triturato e trasformato in cippato, successivamente destinato a centrali a biomassa o impiegato nella produzione di compost, tutto in assenza delle necessarie autorizzazioni.

Secondo gli inquirenti, parte del materiale trattato veniva trasportato con documentazione falsa o incompleta per garantirne l’ingresso negli impianti di destinazione, eludendo così i controlli normativi. Nell’area sequestrata sono state inoltre individuate circa 5.000 tonnellate di rifiuti raccolti dai litorali marchigiani, stoccati senza le operazioni preliminari di separazione e trattamento previste per legge.

Oltre ai reati ambientali, le contestazioni comprendono violazioni edilizie e paesaggistiche – l’area sarebbe infatti sottoposta a vincolo – e reati contro la pubblica amministrazione, tra cui frode nelle pubbliche forniture, truffa e falsificazione di atti da parte di pubblici ufficiali. Sotto la lente degli investigatori anche presunti comportamenti illeciti di dipendenti di enti locali, che avrebbero omesso i controlli necessari, consentendo alle aziende coinvolte di incassare fondi pubblici senza eseguire correttamente i servizi appaltati.

L’intero sistema avrebbe inoltre generato ingenti guadagni “in nero” grazie alla raccolta e alla lavorazione abusiva dei rifiuti, successivamente immessi nel circuito legale della produzione energetica.

Si precisa che le misure adottate rientrano nella fase delle indagini preliminari. I destinatari dei provvedimenti sono attualmente indagati e da considerarsi innocenti fino a eventuale sentenza definitiva.

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